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In un giorno di febbraio...

Immagine del redattore: Atarakè APSAtarakè APS

Aggiornamento: 25 feb

Dal gioco simbolico, attraverso un lavoro profondo sull'identità, con approccio ludico esperienziale!

In questa giornata di sole, alla balòtta è sbocciata insieme alle margherite una grande curiosità verso la carta d’identità. Un piccolo foglietto piegato a metà che per i grandi è tanto importante, se la portano sempre dietro e se la perdono sono guai… ma cosa avrà di tanto speciale?!

Per anni si è pensato che l’infanzia fosse una “fase” da superare, una sorta di anticamera dell’età adulta in cui bambine e bambini acquisivano informazioni sul vivere quotidiano, interiorizzavano norme e valori, apprendevano ciò che serviva per il loro ruolo nella società da adulti. Finché alcuni studiosi della sociologia dell’educazione non hanno cominciato a sottolineare l’importanza dell’infanzia come categoria sociale esistente nel presente e permanente a prescindere dalla crescita dei bambini e delle bambine del momento. Qualcuno di loro ha notato anche come i bambini non fossero solo passivi apprendisti della cultura adulta, ma attivi costruttori di realtà sociale, comunicando e interagendo tra loro.

Uno studioso, William Corsaro, ha proposto il concetto di riproduzione interpretativa: l’idea cioè che i bambini si approprino di elementi della quotidianità dalla cultura degli adulti e li rielaborino riproponendoli in una nuova veste, nei loro scambi interattivi e ludici, andando a creare nuova cultura all’interno del loro gruppetto di pari.

E dunque ecco oggi parliamo di carta d’identità! Guardiamo un oggetto della cultura adulta entrare a far parte di giochi e rielaborazioni simboliche nella cultura di questo piccolo gruppo di bambini e bambine: “Tu ce l’hai? C’è la tua foto? Se non ce l’hai non puoi…! Serve per andare dentro il tepee se no la polizia dice che sei un ladro e non ti fa entrare! È uguale alla mia?”

No, non possono essere tutte uguali, perché noi siamo tutti diversi.

Le educatrici son sempre un passo avanti, l’ascolto attento si mescola ad una progettualità che previene e prevede: sotto la pergola, sul tavolo giallo, compaiono specchi, fogli, forbici, colla, timbrini e matite colorate.  

Tutto molto sospettoso! Abbiamo sempre parlato di apprendimento ES-PE-RIEN-ZIA-LE! Certo si, ma ogni tanto anche i fogli e le forbici ci aiutano a sviluppare apprendimenti, non si tratta di una bidimensionale didattica per schede! Senza dimenticare di prendere il via dal gioco simbolico e da quotidiane curiosità, l’azione esplorativa con gli specchi stimola la capacità di osservazione e giocare con materiali “scolastici” può essere una sfida importante per la motricità fine.

E poi dobbiamo proprio creare le nostre personali carte d’identità per prendere consapevolezza delle nostre unicità!

L’obiettivo di una più ampia partecipazione nel gioco simbolico e nelle interazioni in una dimensione di gruppo ci ha suggerito la necessità di lavorare sull’IDENTITA’ personale di ogni bambino e bambina. Crediamo infatti che ogni individuo, per potersi aprire a relazioni multiple e mettersi in gioco in una dimensione ampia e circolare come quella di un gruppo di pari, debba essere abbastanza sicuro della propria identità e del suo riconoscimento da parte degli altri.

E così gioco simbolico, rielaborazione di culture adulte e lavoro interiore sull’identità si intrecciano in un gioco che stimola competenze e interazioni!


Maria Passaniti


Riferimenti bibliografici

“Le culture dei bambini” William Corsaro, Il mulino, Bologna 2003

“Facciamo che ero… Il gioco simbolico nella scuola dell’infanzia”, Clara Pagnotta, Carocci Faber, Roma 2007

 “Raccontarsi nella Scuola dell’Infanzia. Per una pedagogia della narrazione fra testimonianza di sé e sviluppo dell’identità”, Italian Journal of Special Education for Inclusion, Bocci, F., & Franceschelli, F. (2014).

 
 
 

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